Quattro chiacchiere con l'autore
1. Quando si comincia a scrivere? C'è un'immagine nella memoria che la riporta al momento in cui ha capito di voler diventare scrittore?
Veramente ancora non l'ho capito in pieno e gli anni -purtroppo- passano in fretta. Diciamo che sono sempre stato attratto dall'espressione "non convenzionale", a cominciare dalla musica per arrivare poi alla scrittura. Scrivo per il piacere di farlo, per dire cose che in altro modo non riuscirei a dire, o forse le direi male, e non sopporto l'errore nell'espressione. Il linguaggio parlato ha il pregio dell'immediatezza ma porta con se il difetto dell'equivoco. Per questo preferisco la parola scritta, più efficace, chirurgica. Più logos. Nessuno può obbligarti a scrivere se non ne hai voglia e se non te la senti. È una passione che si fa sacra e sacrilega per un linguaggio che senti duttile, amico, qualcosa che ti spinge a scrivere.
2. Ci racconti il suo rapporto con la scrittura e com'è cambiato nel tempo. Cosa significa per lei scrivere oggi?
Ho cominciato dalla poesia, come già accennato, il mio primo grande amore, quello che non si dimentica...l'espressione più ardita di tutta la letteratura, almeno secondo me. Ho sempre cercato di essere sincero e chiaro, anche se a volte il linguaggio poetico tende a chiudersi dietro barriere più fumose e a farsi criptico, all'apparenza incomprensibile. Un po' di quel modo di scrivere è trapassato anche nella mia narrativa e sinceramente non so se questo sia un pregio o un difetto. Al centro comunque metto sempre l'uomo, l'anima dell'uomo e la sua bellezza complicata, il miracolo del cuore capace di fango e stelle, di eroismo e miseria.
3. Qual è il suo pubblico ideale? A che lettore pensa quando scrive?
Non credo di avere un pubblico ideale. Mi piacerebbe rivolgermi a chi non mi assomiglia, a chi prova curiosità istintiva, quella che accade tra gli animali che si annusano oppure tra estranei che hanno già qualcosa in comune senza saperlo. In fondo scrivere è un po' raccontare le storie degli altri, utilizzando le stesse emozioni ma parole diverse.
Che
relazione c'è tra la scrittura e la società, con le sue influenze politiche e
culturali?
Credo che ogni forma artistica, dalla più piccola alla più grande, possa cambiare il mondo. Ogni artista si arroga la pretesa di avere qualcosa da dire e lo fa perché dentro di se ha l'istinto di non accontentarsi del silenzio della vita. Ecco perché la bellezza è fragorosa ed è destinata da sempre a essere portatrice di messaggi rivoluzionari, scavando in un inconscio collettivo pregno di un linguaggio simbolico che con la modernità abbiamo rischiato di dimenticare. Un libro può essere una bomba a mano in grado di modificare le coscienze. L'incontro con un pensiero altrui non può lasciarti uguale a prima.
Le
sue influenze? Quali autori l'hanno formata maggiormente e com'è arrivato a
loro?
Ogni parola che ho letto ha fatto di me quello che sono oggi, credo che per tutti funzioni così. La lettura è qualcosa che ti marchia a fondo, anche quando si tratta di testi che all'apparenza sembrano modesti o passati inosservati senza lasciare segni. Quando leggi depositi un seme nell'inconscio, e presto o tardi ne raccogli i frutti. Per quanto riguarda la narrativa la scelta è davvero ampia, da Manzoni a Mazzantini, passando per Hemingway e King. Per la poesia invece porto con me i versi dei grandi italiani del nostro convulso novecento: Ungaretti, Quasimodo, Montale, Pasolini, Saba, Merini, e molti altri ancora.
La
storia è piena di libri rifiutati dalle case editrici e di libri che non sono
stati immediatamente compresi dai lettori. Lei che rapporto ha con il rifiuto? Quanto conta, oggi, l'apprezzamento dell'opera
nel suo approccio al testo, e che rapporto ha con il mercato?
Il rifiuto fa parte del gioco ed è sempre doloroso riceverlo. Credo che troppo spesso gli editori non abbiamo il tempo e forse la voglia di valutare ogni inedito che ricevono e la cosa dispiace, visto la quantità di vita e di emozioni che l'autore ha speso per scriverlo. Purtroppo l'attività editoriale si è ridotta a semplice commercio, nessuno rischia più e all'editore interessa il libro che vende, e non quello che potrebbe lasciare un segno.
In
che stato si trova la letteratura italiana oggi? Vede delle mancanze rispetto
al passato, trova che ci siano delle fioriture interessanti?
Tutto è interessante quando ti spinge a scrivere, a uscire da te stesso per entrare nel mondo del "non detto". A mio parere mancano i punti di incontro e la possibilità di rapportarsi in un confronto costruttivo. Gli editori sono sempre alla ricerca della rockstar o del personaggio famoso per garantire un ritorno immediato dell'investimento, per gli altri la strada è tutta in salita. Sono pochi gli editori che rischiano davvero, e sono sempre meno. Per quanto riguarda il futuro non sono pessimista, anche se si legge sempre meno e si scrive sempre più, nel senso che il numero degli scrittori o presunti tali è inversamente proporzionale al numero dei lettori, cresce il primo, cala il secondo. Il tempo di oggi è frenetico e il libro necessita di calma, di spazio per se stessi. La colpa non è di chi scrive ma di una società nevrotica che deve produrre in fretta ed essere performante per sopravvivere. Ma il libro non è un oggetto usa e getta. Resiste, provoca attriti che inquietano e sconcertano. Il libro è un oggetto artigianale e magico, non può essere trattato come un qualsiasi prodotto di consumo. Un testo che arriva in profondità cambia le coscienze, la parola è un germoglio portatore di idee e di vita. Dovrebbe essere trattato con maggiore rispetto. Da parte di chi legge e soprattutto di chi scrive.