Poesie

Canzone
Lo specchio rimanda un'immagine ardita
di me che non sono null'altro
ombra di un'ombra scialba,
osservo impietoso
e sono di nebbia e di polvere
avvolto in parvenze di cose che addito
ubriaco di nulla.
Ipotesi forse di altra esistenza
non sono reale o di mondi diversi
ove dispari amanti s'inseguono
ma solo silenzio disperso
nei miei labirinti fumosi.
"Credi davvero possibile una simile attesa,
credi davvero al sembiante che geme?"
Lo specchio rimanda un'immagine ardita
osservo paziente i miei occhi,
i graffi di giorni trascorsi
ad uno ad uno perduti e simmetrici.
Non sono che io, immobile e vivo.
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A te
A te che ascolti la mia voce
distratto dal brusio sottile
e un poco abbassi gli occhi
avvilendo il tedio.
A te che alzi lo sguardo
fissando più lontano
all'orizzonte del tuo tempo.
A te dissimile ed amico
ma differente anima ed ingegno
a te che paghi il pegno
di un brancolare tiepido e confuso.
A te che sei l'illuso
sovrano senza regno
che incerto avanza il passo.
A te che costruisci inferni
e minuziose oasi di sereno.
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Amami
Amami senza ritegno
come parola indecente e bisbigliata
come cosa morta raccolta da terra.
Amami come si ama l'inevitato
o un ultimo respiro,
senza chiederne ragione
senza consolazione.
Amami come i pazzi folli d'amore
non con la saggezza antica
di chi conserva inverni e guarigioni
ma come gli uragani che violentano la terra.
Disperdimi come sale e neve
voglio sdrucire l'anima
nel meridione dei tuoi occhi viola
perciò amami quando sono aquila lontana
quando carezzo le nuvole
quando sono seme di terra rorida
quando sono inverno.
Amami, non essere ombra diafana
diventa il mio tutto
il mio capolavoro.
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Nicolò
Questa parte di noi
non puoi guardare, figlio,
dall'alto della torre
della tua bruciante giovinezza
prima di accorgerti
quanto rapido e crudele
il tempo che hai davanti
esplode in un caleidoscopio di colori.
Ti accingerai a seppellire morti
a dileguare notti
camminerai sabbie
di gelidi deserti
re per un giorno appena,
così capirai che tutto è decifrato
prima che si compia
di mille strade troverai la sola,
così abbozzerai un sorriso
splendente dentro gli occhi.
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Scrivere amore
Scrivere amore
con lettere piccole
un poco sbiadite
come chi ancora non lascia
l'inutile esilio dei sentimenti
ma quanto è difficile
restarne avvinghiati
senza avere paura.
Scrivere amore e sangue
che solo questo è concesso
d'amore, di sangue
o futuri lontani.
Tu non chiedermi altro
perché non conosco di più
che questo rimbalzo di favola
di occhi negli occhi, di amanti
che ancora dispaiono;
tu che ora salpi la nave
da me che rimango stremato
disteso alla riva di te.

Eccomi
Vapore denso riveste la strada
di un dicembre trascorso
uscio di legno grezzo
odore di fresca verbena,
la scala d'un fiato
e ridi sguaiata con occhi di sogno.
Ognuno costruisce il proprio inferno
a nude mani e denti stretti
così come meglio crede.
Eccomi.
Supino, rinchiuso in una corazza spessa
scaccio demoni e angeli
imprecando alla sorte,
vorrei gettare agli avvoltoi
queste mie bianche ossa
e un pesante macigno da portare.
Ovunque tu sia, ovunque tu vada
lasciami soltanto un ricordo gentile
una velata immagine
da consumare adagio
centellinandola come fiele pregiato.
Altro suolo non possiedo
che questa fiacca vita
luminosa e terribile
ma non c'è voce alcuna che possa consolare,
non serve a nulla ormai
frastornarsi d'allegria
premere le tempie
soffocarsi di grigio tedio.
Domani scorderemo
di essere stati simili agli dei,
tratteniamo oggi una tenerezza acuta
che possa ricoprire ancora
le nostre ombre disperse.
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Ulisse
Sepolcri già chiusi nei polsi
avventato salpare di navi
ormai la mia fronte si gela di pietra
e goccia il rimpianto, non più menzognero.
Sciogliti nuvola densa, oggi ho bisogno
soltanto di un povero sogno tangibile
e possa narrarlo ad un figlio.
Solstizio d'estate questa malinconia,
acido succo, tedio che pesa sugli occhi
il bianco tuo ciglio si piega
sommerso da questa realtà decifrata.
Fuggi l'affanno, sii pace
e non questo assurdo crepitare di ossa;
risorgi e sorprendimi,
nel breve rincorrere giorni
ho bisogno di un sogno
che possa squillare di gioia.
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P.D.
Paola vende gemiti fasulli
negli angoli di strada
a basso prezzo secrezioni
per camionisti o inappuntabili
padri di famiglia,
gli occhi accesi di mestizia
velata da un mascara limaccioso
e grandi mani per nascondersi.
Danilo sciala ore sudate
dietro un tornio in officina
cambia pelle ogni notte
dismette la divisa unta
e vende bianche polveri
di oblio balordo
e triste contentezza.
Sono nuvole difformi e differenti
ma ognuna della stessa
sostanza e consistenza,
si tengono per mano
dentro cieli immobili
sospinte da venti generosi
o dal moto diverso delle stelle.
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Fuoco e sale
Tutti quest'anni zingari
tra il ronzio di un tempo folle
e sciarade di risposte
come nubi scure nell'aria
chiamano tempesta
e sono fragili gemme
di primavere sterili,
filo di bianca sabbia
nel piatto del possibile.
L'impronta del mio viso
grida un segreto muto
un piccolo anello di luce
da mettersi al dito nelle feste migliori.
Non ho ritegno e ghigno,
si squarcia lasco il viso
che non teme sentenza o contrizione
quando fluttua nel buio
additando la luce dell'alba.
Oscilla un suono nudo
raggrumato sul vetro,
la parola estatica s'innalza
senza giungere mai
nel preciso incrocio del bisogno.
Rischiara un'alba nuova
si leva nei miei occhi colorati
è un lampo secco e amaro
che grida il nome tuo
diviene scheggia di un ricordo infranto.
Tutti quest'anni di fuoco e sale
eppure ancora non conosco
di cosa raccontare
o in quale dove spargere
o raccattare sillabe
cercando rime di miele e aceto
da versare su labbra sanguinanti.